Broletto

 

Diminutivo dell'italiano antico "brolo", dal latino medievale broilum,  di origine celtica (brogilos), designava in origine un campo o un orto cintato.

In età medievale edificio dove, nei secoli XII e XIII, aveva sede la magistratura dei comuni lombardi e nel quale si svolgevano l'attività amministrativa e l'esercizio della giustiziavi si tenevano le adunanze della cittadinanza, passò poi a designare il municipio.

La nascita del broletto, tuttavia, non coincise con l'avvento dell'autonomia politica dei maggiori centri padani nella metà del 12° secolo. Prima della pace di Costanza (1183) non è infatti documentato alcun intervento di committenza pubblica finalizzato alla realizzazione di un palazzo che accogliesse le autorità cittadine, fino ad allora ospitate in locali messi a disposizione dal vescovo o anche in strutture edilizie sorte con diverse destinazioni. La distinzione tra queste prime sedi e i nuovi edifici di rappresentanza emerge soltanto nei documenti successivi al 1183 nel ricorrente termine di palatium novum assegnato alle fabbriche del potere comunale. Tra gli esempi più antichi si può citare il BROLETTO DI PAVIA, costruito negli anni 1197-1199.

La tipologia del broletto riprende forme già note all'architettura residenziale dell'Europa occidentale del XII secolo; in particolare, un possibile modello di riferimento è stato individuato nei palazzi vescovili francesi. Quello lombardo presenta un impianto planimetrico regolarizzato, costituito da un pianoterra porticato - non sempre aperto su tutti i lati - e da una sala assembleare soprastante, illuminata da un'ampia finestratura e con ingresso indipendente. Nel suo sviluppo appare determinante, a livello sia architettonico sia plastico, la matrice cistercense mediata, con ogni probabilità, dall'azione degli Umiliati (Romanini, 1989).La specificità delle funzioni del b. e la sua diffusione in un territorio limitato e in un arco di tempo circoscritto fanno sì che le varianti strutturali si mostrino assai modeste tra i b. protoduecenteschi; il cantiere, invece, si adattava alle differenti tradizioni costruttive locali soprattutto nell'uso dei materiali scelti tra il laterizio o la pietra da taglio.

Nel corso della prima metà del Duecento lo spazio a disposizione risultò comunque insufficiente allo sviluppo delle istituzioni cittadine. Le nuove esigenze furono soddisfatte, in molti casi, con un programma di ampliamento dello stesso, attraverso l'aggiunta di nuove ali intorno a una corte interna, né mancarono ricostruzioni più tarde sul modello del milanese palazzo della Ragione, come nei casi di Monza e Piacenza.

A.M. Romanini, L'architettura gotica in Lombardia, Milano 1964, I, pp. 38-45, 181-188;

G. Panazza, Appunti per la storia dei Palazzi Comunali di Brescia e Pavia, Archivio Storico Lombardo, s. IX, 4-5, 1964-1965, pp. 181-203;

C.R. Brühl, Il ''Palazzo'' nelle città italiane, in La coscienza cittadina nei comuni italiani del Duecento, "Atti dell'XI Convegno del Centro di Studi sulla Spiritualità Medievale, Todi 1970", Todi 1972, pp. 263-282;

E. Guidoni, Appunti per una storia dell'urbanistica nella Lombardia tardo-medievale, in Lombardia. Il territorio, l'ambiente, il paesaggio, I, Milano 1980, pp. 109-162;

A. Grimoldi, I luoghi dell'autorità cittadina nel centro di Milano. Il Palazzo della Ragione, Milano 1983;

AA. VV., Enciclopedia del Medioevo, Le Garzantine, Milano Garzanti 2007