Francios Loius Ganshot- Che cos'è il feudalesimo?

30.04.2013 09:00

Autore : Francois Louis Ganshof

Titolo : Che cos'è il feudalesimo?

Editore: Einaudi

 

 Erede di Pirenne alla cattedra dell'Università di Gand, Francois Louis Ganshof é considerato uno dei più grandi studiosi del feudalesimo della seconda metà del '900.

Il testo pubblicato da Einaudi prende in considerazione la quinta edizione dello studio, curata e aggiornata (anche nella bibliografia) dallo stesso Ganshof. Il testo può essere considerato un memorandum della materia per la sua scorrevolezza, chiarezza e anti-dogmaticità. Tarda è stata la sua diffusione negli ambienti accademici italiani a causa di un'idea del feudalesimo giuridicamente razionalizzata ed etichettata.
L'area geografica su cui lo studio si sofferma comprende la Francia, la Germania e l'Inghilterra, quasi per nulla l'Italia, per la quale l'autore ammette una certa particolarità nello sviluppo dell'istituto feudale-vassallatico.
Il periodo cronologico va dalle origini (VII-VIII secolo), all'espansione europea (IX secolo) fino alla piena affermazione ed iniziale decadenza (X-XIII secolo), prima cioè che l'istituto fosse svuotato della sua originaria utilità politico-amministrativa.
Metodico nella stesura del testo, Ganshof arricchisce ogni scansione cronologica con un'iniziale capitolo riguardo la terminologia adoperata nei documenti, sia in latino sia nei volgari nazionali.
Sarebbe impossibile quanto inutile riassumere il testo, piuttosto mi soffermerò su alcuni punti molto interessanti, che generalmente i manuali universitari di storia medievale non trattano o trattano superficialmente e per i quali l'autore ha saputo dare una risposta esauriente e nettamente supportata dalle fonti.
Prima dell'espansione carolingia il vassallaggio, ovvero l'accomandazione di un libero, o non, ad un dominum previa "immixtio manum", giuramento di fedeltà ed eventualmente "osculum", era non necessariamente legato al beneficium, cioè la concessione al fidelis da parte di un signore di un bene, spesso un appezzamento fondiario ("tenure"), in "ius utenti et fruendi".
In seguito, i due istituti divennero sempre più giuridicamente interconnessi, se non addirittura conseguenti l'uno all'altro. Divenne usuale, infatti, per ottenere un beneficio, prima di tutto fare atto d'"omagium" vassallatico al signore.
A partire da questo momento Ganshof comincia a parlare di "rapporti feudo-vassallatici", anche se sarebbe meglio definirli "beneficiario-vassallatici", in virtù del fatto che, come affermato dallo stesso autore, è solo dall'XI-XII secolo che le fonti parlano di "feudus" per indicare il bene concesso.
Immediatamente dopo la morte di Carlo Magno la situazione devia dal suo motivo d'esistenza ideale: il signore controlla con sempre più difficoltà i benefici assegnati, indeboliti anche dall'ereditarietà di questi (capitolare di Querzy nell'877); sempre più diffuso è il fenomeno del "doppio vassallaggio" che spiega la "fame di benefici" dei vassalli; la stessa autorità regale, soprattutto francese, ha sempre più difficoltà ad imporsi sui sudditi, i quali si sentono più in dovere d'obbedienza verso il signore da cui dipendono che verso il re.
Ma l'autorevolezza e il rispetto di questo testo, secondo me, sono meritati anche dal margine d'elasticità intellettuale con cui Ganshof propone le sue tesi. Il beneficio-feudo non era esclusivamente considerato l'appezzamento fondiario, ma anche un castello, un'autorità, un diritto o una rendita. Così come l'autore non può che constatare come questi rapporti feudo-vassallatici siano stati vantaggiosi, per certi versi, anche per gli stessi re. In Francia, la supremazia feudale del re, seppur teorica, ha permesso la riscossa dei Capetingi a partire dalla fine del X secolo. In Germania, Federico Barbarossa favorì la moltiplicazione di questi rapporti, gerarchizzandone però i ruoli, tutti dovevano convergere al di sotto della corona tedesca. In Inghilterra, l'invasione normanna del 1066 portò letteralmente ad una feudalizzazione della società, tutti i beni avevano, direttamente o indirettamente, come comun denominatore il re inglese, quasi un "dominus dominorum".
Così come è stato impostato il testo non c'è da sorprendersi perciò se l'autore nelle conclusioni "sfora" nella "nouvelle historia" affermando: "Forse, attraverso i secoli, il feudalesimo ci ha lasciato alcune eredità, non istituzioni, ma modi d'essere, di pensare, di sentire, di esprimerci".

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